Riserva Naturale
Lago Sfondato
Il territorio della riserva, esteso oggi complessivamente 43,7 ettari, è suddiviso in due aree a differente destinazione d’uso, in funzione delle caratteristiche ambientali e dei diversi obiettivi gestionali:
- la zona A, con una superficie di 13,7 ettari, comprende lo specchio d’acqua, l’intera conca di sprofondamento nonché alcuni tratti del corso del torrente Stretto e del Monte Cardinale;
- la zona B di pre-riserva, con una superficie di circa 30 ettari, è caratterizzata prevalentemente da colture cerealicole e pascoli.
Per l’importanza degli aspetti naturalistici e delle peculiarità scientifiche di natura geologica, dal 2017 il lago è stato inoltre riconosciuto come Geosito ai sensi della L.R. n. 25 del 2012.
R.N. Lago Sfondato
Via Rosso di San Secondo, 14/A
93100 Caltanissetta
tel. 0934 564038
fax 0934 547263
lagosfondato@legambienteriserve.it
R.N. Lago Sfondato
Geologia
Il paesaggio dell’area protetta e del territorio limitrofo è tipico dell’entroterra siciliano, contrassegnato dalla presenza di rilievi tondeggianti spesso interrotti da valli fortemente incise. Questo aspetto è dovuto alla geologia di questa porzione centrale della Sicilia caratterizzata dalla presenza di rocce “evaporitiche” appartenenti alla serie Gessosa Solfifera. Si tratta di rocce sedimentarie, composte da tripoli, calcari, gessi, salgemma e sali potassici, che si sono formate circa 5-6 milioni di anni fa a seguito dell’evaporazione delle acque del bacino del Mediterraneo a causa della chiusura dello Stretto di Gibilterra e del contemporaneo instaurarsi di condizioni climatiche aride.
Su queste rocce, particolarmente solubili, ha avuto ampia diffusione il fenomeno di dissoluzione carsica che ha generato singolari “sculture” naturali. Dalle piccole scannellature subparallele (karren), disposte in senso verticale lungo le pareti gessose, alle più ampie conche subcircolari (doline), l’area infatti offre uno spettacolare campionario di esempi della lenta azione erosiva esercitata dall’acqua.
Genesi del lago
La conca che ospita il bacino lacustre si è formata a seguito del collasso degli strati rocciosi più superficiali essendo venuto a mancare il sostegno delle rocce sottostanti poiché disciolte dalle acque circolanti nel sottosuolo (fenomeno carsico). Tale evento è avvenuto nel novembre del 1907 ed è stato documentato dal marchese A. De Gregorio che ne fa una descrizione sulla rivista “Il Naturalista Siciliano”.
Da un punto di vista idrologico, il lago è un tipico esempio di bacino chiuso non avendo nessun rapporto con il sistema idrografico superficiale. Ha una superficie di circa 3400 mq, un perimetro di oltre 200 m e una profondità massima di 15,00 m ed il suo livello idrico è pressoché costante, avvalorando l’ipotesi dell’esistenza di sorgenti sub-lacustri perenni.
La formazione del lago
“Nel novembre del 1907 è accaduto nello interno di Sicilia, tra Marianopoli e Santa Caterina di Villarmosa, un fatto meritevole di non essere trascurato. Nella località Mimiani (alla quale si perviene da Marianopoli in circa tre quarti d’ora cavalcando al passo), si sprofondò a un tratto una cospicua zona di terreno tra il fiume che scorre tra Mimiani e Trabona, in una pendice ubertosa, di proprietà del Barone Lo Monaco. Lo sprofondamento della parte alta fu di circa 30 metri; della bassa circa 20 metri. Si formò un laghetto che le di cui sponde hanno una larghezza di circa 100 metri. La parte fonda del lago ha un diametro di circa 30 metri, oltre il quale il fondo viene gradatamente in su a montare sino alle sponde che formano un cerchio di circa cento metri di diametro.”
(Marchese A. De Gregorio, Formazione di un nuovo lago minuscolo a Mimiani,
Il Naturalista Siciliano 1910).
Flora e vegetazione
A differenza invece delle aree limitrofe purtroppo caratterizzate da un pesante impatto antropico, l’area protetta presenta aspetti di notevole pregio naturalistico e paesaggistico concentrati per lo più intorno allo specchio d’acqua, lungo i versanti del torrente e nei burroni posti a Nord della riserva.
Nel territorio protetto sono state censite oltre 300 specie di piante, un numero decisamente elevato considerando la sua limitata estensione, e tra queste vi sono numerosi endemismi e specie rare o fortemente localizzate, fra cui Astragalus caprinus huetii, Gypsophila arrostii, Pimpinella anisoides, Tragopogon cupanii, Iris pseudopumila.
Il lago svolge un ruolo cruciale ai fini della diversificazione della flora, ospitando un numero significativo di specie adattate a tollerare l’elevata salinità delle acque. A suo interno vivono esclusivamente macroalghe sommerse mentre lungo le sponde rialzate del laghetto e del torrente si osserva una fascia di canneto, tipica di acque poco profonde, stagnanti o a lento corso, caratterizzata da Phragmites australis e Apium nodiflorum. Nel margine settentrionale del lago e lungo le sponde del torrente Stretto si rivengono inoltre alcuni esemplari di Tamerice (Tamarix africana), specie caratteristica dei greti ciottolosi delle fiumare a elevata salinità. La vegetazione rupestre, localizzata sulle ripide pareti rocciose, comprende numerose specie endemiche, tra cui Brassica villosa e Diplotaxis crassifolia, molto diffuse sulle rupi gessose della Sicilia interna.
Lungo i versanti più accidentati e acclivi della riserva si sviluppano interessanti aspetti di prateria perenne, dominati da Hyparrhenia hirta o Ampelodesmos mauretanica (più nota con il nome dialettale “ddisa”). Gli aspetti prativi ospitano numerose specie bulbose di grande bellezza (orchidee, narcisi, gigli, ecc.) inseriti nella lista degli habitat di importanza comunitaria. La formazione vegetale più diffusa è la gariga, tipica degli affioramenti rocciosi, caratterizzata dall’aromatico Thymbra capitata, dal Teucrum polium e dall’Euphorbia rigida; sono anche presenti lembi di vegetazione arbustiva, riferibili alla macchia mediterranea sempreverde, caratterizzati da Anagyris foetida, da Asparagus horridus e Pyrus pyraster.
Le orchidee della riserva naturale
È da evidenziare la presenza di ben 25 specie di orchidee, fra cui Serapias parviflora, Orchis papilionacea, Orchis parviflora, Ophrys panormitana, Ophrys exaltata. Di particolare interesse è il recente ritrovamento di Ophrys phryganae, orchidea che era ritenuta dubbia per la Sicilia.
La Fauna
Lo specchio d’acqua, ed in particolar modo il canneto che ricopre le sue sponde, svolgono un ruolo importante come rifugio e area di sosta per l’avifauna e per le specie tipiche delle zone umide. L’area ospita infatti una ricca comunità di anfibi e rettili, un gruppo faunistico a rischio per la progressiva riduzione degli ambienti acquatici. Numerosi sono anche gli uccelli legati alle zone acquatiche, nidificanti nel folto del canneto: l’Usignolo di fiume, il Tuffetto, la Folaga, la Gallinella d’acqua, il Beccamoschino. Non è raro, durante il periodo delle migrazioni, osservare alcuni esemplari di Airone cenerino in sosta, attirati dal piccolo specchio d’acqua.
Altre specie presenti nel territorio della riserva sono quelle caratteristiche delle aree rurali siciliane e della macchia mediterranea. Sono diffusi il Coniglio selvatico, la Lepre, la Volpe e l’Istrice, di cui si rinvengono frequentemente gli aculei; fra i rapaci è facile osservare il Gheppio nel tipico atteggiamento predatorio “a spirito santo”, il Grillaio ed il lento volo planato della Poiana. Al crepuscolo e nelle ore notturne risuonano i versi del Barbagianni e della Civetta. Sopravvive nella Riserva qualche esemplare di Coturnice siciliana, una specie endemica siciliana, a rischio di estinzione per la progressiva antropizzazione del territorio. La riserva è anche il regno di numerose specie di Libellule, fra cui Orthetrtrun brunneum, Crocothemis erythreae, Anax imperator e Selysiothemis nigra, e di Farfalle, che affascinano per varietà e per colore. Sono state osservate ben 31 specie, fra cui le più interessanti sono Muschampia proto, Gegenes pumilio e Gegenes nostrodamus, Cupido minimum trinacriae. Quest’ultima è una sottospecie endemica della Sicilia, dove è ampiamente diffusa.
Le tracce dell’Uomo
Il territorio in cui ricade la riserva è stata frequentato dall’uomo sin dalla preistoria. Le campagne di scavo eseguite dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dal 1977 al 1984 hanno riportato alla luce numerosi reperti esposti nel Museo Archeologico di Marianopoli. Nel sito di M.te Castellazzo, a NE di Marianopoli, è particolarmente interessante una necropoli con tombe a pozzetto dell’età del rame. A partire dal VI sec. a. C. sino alla metà del II sec. a. C. la montagna fu occupata dai Greci che fondarono una città, forse Mytistraton. Di particolare interesse un gruppo di sepolture appartenenti ad un unico nucleo familiare (una madre e tre bambini) con ricchi corredi funerari. A sud di Castellazzo si erge la lunga e alta montagna di Balate su cui esisteva un’altra città indigena occupata dai Greci nel VI sec. a.C., la cui vita sembra concludersi nel III sec. a.C. Nell’adiacente Valle Oscura, si estende una vasta necropoli nella quale, dalla preistoria all’età greca, le tombe, prevalentemente multiple, furono ricavate in anfratti e ripari naturali adattati dall’uomo.
Le tombe preistoriche si riferiscono alla I età del bronzo e le ceramiche rinvenute sono dello stile detto Vallelunga-Tindari-Rodi, e collegano anche quest’area della Sikania alle culture preistoriche del primo bronzo presenti sulla costa nord-orientale della Sicilia. Le tombe di età greca, anch’esse in prevalenza multiple, si datano prevalentemente dalla prima metà del VI sec. alla metà del V sec. a. C.. Solo poche tombe si datano oltre il 450 a. C.
Il comprensorio
La riserva naturale ricade in un vasto comprensorio di grande interesse naturalistico, comprendente l’area di Monte Mimiani, le Rupi di Marianopoli, le Serre di Chibbò, la dolina di Monte Trabona, il Torrente Stretto e il Fiume Salito. Si tratta di un eterogeneo complesso collinare inciso da valloni e torrenti (il più grande fra questi è il fiume Salito), con i caratteri tipici della formazione gessoso-solfifera dell’entroterra siciliano: a tratti aspri ed accidentati si alternano tratti variamente inclinati che si fondono in superfici pianeggianti più o meno ampie.
M. Mimiani, che per l’elevato pregio floristico e faunistico meriterebbe una maggiore tutela, può essere considerato a pieno titolo un trait-d’union floristico-vegetazionale con le Madonie meridionali. Nell’area si trovano aree boschive di notevole interesse, a testimonianza di complessi boscati ben più vasti, caratterizzati da lecci e roverelle; e un antico uliveto (impiantato nel XVI secolo dalla famiglia Moncada) che in parte convive con il bosco e con una fitta macchia. Nel comprensorio di Mimiani sono inoltre presenti più di 1/3 delle orchidee siciliane; fra le specie rinvenute alcune sono di notevole interesse biogeografico, come ad esempio Ophrys mirabilis, localizzata in Sicilia solo in poche stazioni, Cephalanthera damasonium, Ophrys phryganae, Ophrys lacaitae, segnalata per la prima volta nel territorio di Caltanissetta e Ophrys obaesa, specie endemica siciliana localizzata, oltre che nell’area, soltanto a Ficuzza e nelle Madonie. Le indagini recentemente condotte sulla lepidotterofauna del comprensorio hanno evidenziato la presenza di ben 57 specie di farfalle (su un totale di poco più di 100 specie della fauna siciliana). Alcune di queste specie sono di notevole valore naturalistico, come ad esempio Melanargia pherusa, Neozephyrus quercus, Satyrium ilicis, Gegenes nostrodamus. Sono interessanti inoltre le osservazioni di Inachis io e Danaus chrysippus, segnalata per la prima volta nella Sicilia interna.