Grotta di Santa Ninfa
Sede della Riserva Naturale “Grotta di Santa Ninfa”
Castello di Rampinzeri
c.p. 4264041
CAP 91029 – Santa Ninfa (TP)
cell. 329.8620475 – 73
santaninfa@legambienteriserve.it
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R.N. Grotta di Santa Ninfa
L’area protetta è interamente compresa all’interno del più vasto Sito Natura 2000 “Complesso dei Monti di Santa Ninfa e Gibellina e Grotta di Santa Ninfa”, istituito in attuazione della Direttiva Habitat 92/43/CEE per la presenza di diversi habitat di interesse comunitario e di specie di interesse biogeografico e conservazionistico.
Il territorio della Riserva è stato suddiviso in due diverse aree in funzione delle caratteristiche ambientali e dei diversi obiettivi gestionali:
- la zona A è costituita essenzialmente dagli ambienti ipogei della Grotta di Santa Ninfa, una cavità di origine carsica estesa per circa 1,5 km.
- la zona B comprende l’ampia Valle del Biviere, estesa circa 140 ha, corrispondente al bacino di alimentazione della cavità e ricca di suggestivi aspetti geologici e naturalistici legati ai fenomeni carsici nei gessi, sia superficiali che sotterranei, agli aspetti della flora e della vegetazione, alla fauna.
Geologia
La Grotta




La Flora e la Fauna
La flora
Numerose sono le associazioni vegetali: la profumata gariga a timo arbustivo sugli aridi ed assolati versanti gessosi, l’intricata macchia ad alloro, rosacee arbustive e sommacco (un tempo largamente utilizzato per la concia e la tintura delle pelli); la vegetazione rupestre, localizzata sulle ripide pareti gessose, annovera la presenza di numerosi endemismi fra cui Brassica tinei e Gypsophila arrostii mentre le aride praterie ad alta diversità floristica sono dominate dall’Ampelodesmos mauretanicus. Il vallone Biviere ospita una rigogliosa vegetazione ripariale comprendente anche il pioppo nero, l’olmo minore e il salice. Nel tardo inverno e nella primavera, i prati sono punteggiati dai colori intensi delle orchidee selvatiche, presenti con ben 10 specie nell’area protetta.
La fauna
È di particolare interesse la fauna cavernicola della Grotta per gli adattamenti morfologici ed ecologici all’habitat ipogeo. Gli studi svolti hanno evidenziato la presenza di una comunità faunistica ricca e diversificata, costituita sia da specie troglofile fortemente legate all’ambiente cavernicolo (tra cui l’isopode Androniscus dentiger, l’aracnide Meta bourneti, il dittero Triphleba antricola) che da specie epigee che penetrano occasionalmente nella cavità, attratte dalle condizioni ambientali favorevoli rispetto all’aridità del clima epigeo. Recentemente, è stata scoperta all’interno della grotta una specie di artropode nuova per la scienza: il millepiedi Choneiulus faunaeuropae.
Le tracce dell’Uomo


Le tombe, esposte a Sud, erano distribuite una accanto all’altra in file orizzontali; ma la maggior parte di esse è ormai andata perduta a causa di frane e crolli progressivi della scarpata gessosa, e le poche rimanenti sono ridotte a semplici nicchie scavate nella roccia, con la volta crollata e senza l’architettura originaria. Nella necropoli sono stati rinvenuti diversi reperti, oggi conservati presso il Museo Archeologico di Palermo.
Il comprensorio
Santa Ninfa
Il territorio di Santa Ninfa è stato abitato fin dalle epoche protostoriche, come dimostrano i numerosi rinvenimenti di tombe e corredi funerari in contrada Sepolture e nelle necropoli di Finestrelle e di Castellaccio. L’attuale centro abitato, che prende il nome dalla martire palermitana, è stato fondato da Don Luigi Arias Giardina nel 1605. Dalle tre colline su cui sorge il paese, ad una quota di circa 465 m s.l.m., è possibile ammirare un vasto territorio che va da Selinunte a Mazara del Vallo, fino a raggiungere le Isole Egadi. Dopo la tragedia del terremoto del 1968, che ha distrutto circa l’80% delle case, è ormai ultimata la lenta opera di ricostruzione dell’abitato eretto nello stesso sito dell’antico paese. Santa Ninfa è rinomata nella provincia di Trapani per la tradizione gastronomica a base di carne, salsiccia, formaggi e ricotte; notevole anche la produzione di merletti e ricami. Da visitare il Museo Nino Cordio, che ospita una ricca collezione di incisioni, dipinti ad olio, affreschi e sculture del poliedrico artista, ed il Museo delle Emigrazioni, dedicato all’emigrazione politica siciliana in America, dopo i moti dei Fasci Siciliani del 1894.
Gibellina
Le fonti più antiche fanno risalire l’origine di Gibellina ad epoche anteriori alla colonizzazione greca dell’VIII secolo a.C. L’attuale nome deriva dall’arabo Gebel-Zghir (piccolo monte) o Gebel-in (due colli), testimonianza della lunga dominazione araba. Totalmente distrutta dal terremoto della Valle del Belice (1968), è stata ricostruita in un nuovo sito, distante circa 20 km da quello antico. Durante la ricostruzione sono stati coinvolti numerosi artisti contemporanei, fra cui Consagra, Pomodoro, Cappello, Burri, per fare della nuova Gibellina un “laboratorio a cielo aperto di scultura contemporanea”. Tra le varie opere si ricordano la Stella di Consagra, spettacolare porta d’ingresso al paese, le Case Di Stefano, il Sistema delle Piazze, il Palazzo del Municipio. Da visitare il Museo delle Trame Mediterranee, che raccoglie costumi, gioielli, tessuti, ceramiche e oggetti d’arte di popoli dell’area mediterranea (Sicilia, Egitto, Tunisia, Palestina, Marocco, Spagna, Algeria, Albania, ecc.) con una grande forza espressiva ed un carattere transnazionale e interdisciplinare, ed il Museo Civico d’Arte Contemporanea, che ospita una ricca collezione di grandi artisti contemporanei (Scialoja, Rotella, Corona, Beuys, Consagra, Accardi, Sanfilippo, Fontana, Guttuso, Pirandello, Schifano, ecc.). La Fondazione Orestiadi ogni anno organizza un interessante programma culturale visitato da migliaia di turisti.
La riserva naturale aderisce alla Rete Museale e Naturale Belicina, che opera per la valorizzazione e la promozione dei siti di interesse culturale e naturalistico della Valle del Belice.