Rete Ecologica

La nuova prospettiva della Rete Ecologica

Nell’ultimo decennio si è consolidata, a partire da teorie e studi sulla frammentazione degli habitat, sull’isolamento delle specie e sullo scambio genetico delle popolazioni, una nuova concezione della conservazione della natura, non più finalizzata unicamente alla tutela di singole specie o di aree di particolare interesse naturalistico (che rischiavano di costituire delle vere e proprie “isole” separate dal territorio circostante) ma, più in generale, volta alla conservazione dei diversi ambienti presenti nel territorio.
In questa ottica, una delle azioni più importanti è senza dubbio costituita dalla realizzazione della Rete Ecologica, intesa come un sistema complesso di aree naturali e seminaturali tra loro interconnesse, in modo da garantire la continuità degli habitat e la loro conservazione e tutela.
Una rete ecologica è costituita da diversi elementi, tra cui le “zone ad alta naturalità” (core areas), scelte per il loro elevato valore naturalistico; le “zone cuscinetto” (buffer zones), che hanno essenzialmente scopi di protezione; i “corridoi ecologici” (ecological corridors), che assicurano le relazioni ecologiche fra le diverse aree e garantiscono la diffusione delle specie e degli habitat naturali; le “aree di recupero ambientale” (nature restoration areas), zone degradate che possono essere riqualificate aumentando la qualità ambientale del territorio.
La piena realizzazione di una rete ecologica dovrebbe prevedere la conoscenza dei processi di frammentazione e di degrado presenti, l’individuazione delle specie animali e vegetali ritenute critiche per il loro stato di minaccia o per il loro ruolo funzionale nei sistemi ecologici, il censimento degli habitat naturali, la definizione delle unità di paesaggio omogenee da utilizzare per la programmazione e la gestione del territorio, l’individuazione della struttura della rete, ed infine la definizione di azioni di conservazione e di miglioramento ambientale.
Il tema delle reti ecologiche e delle politiche di sistema per la conservazione della biodiversità ha trovato definizione in numerose convenzioni internazionali (tra cui le più importanti sono certamente la Direttiva “Uccelli” n. 79/409/CEE, e la Direttiva “Habitat” n. 92/43/CEE) ed in piani e programmi nazionali. Nel 1999 sono state emanate le prime linee guida da parte del Ministero dell’Ambiente, e successivamente quelle dell’Istituto Nazionale di Urbanistica e dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, che hanno avviato nel territorio italiano un processo di revisione delle politiche per la tutela della biodiversità.
Anche in Sicilia è stato avviato negli ultimi anni un dibattito sulla realizzazione della Rete Ecologica, soprattutto in vista dell’utilizzo dei fondi comunitari destinati alle regioni a obiettivo 1. Purtroppo la definizione delle politiche di conservazione della natura a livello regionale registra gravi ed ingiustificati ritardi e mostra evidenti limiti tecnico-concettuali. In particolare, l’elemento più preoccupante del quadro siciliano è dato dalla distorsione del senso stesso di Rete Ecologica che, sempre più frequentemente, viene accostato all’idea di strade di collegamento tra parchi, di sentieri escursionistici e di percorsi cicloturistici come corridoi ecologici, o peggio ancora ad azioni immateriali nel campo della promozione dell’offerta turistica spacciate come azioni di strutturazione della rete ecologica
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